Grazia Deledda nasce a Nuoro il 27 settembre 1871 da Giovanni Antonio e Francesca Cambosu, quinta di sette figli.
Di famiglia borghese e benestante, ad appena diciassette anni invia un primo scritto ad una rivista romana e sarà l’inizio di un’intensa collaborazione con riviste romane, sarde e milanesi a cui invierà racconti, poesie e romanzi brevi.
L’opera che in ogni caso rappresenta l’inizio della carriera letteraria della Deledda è “Fior di Sardegna” (1892), accolto favorevolmente dai critici dell’epoca.
Durante un soggiorno a Cagliari, nel 1899 ha modo di incontrare Palmiro Madesani, funzionario del Ministero delle Finanze in missione.
Contemporaneamente compare a puntate su “Nuova Antologia” il romanzo “Il vecchio della montagna”.
L’11 gennaio 1900 Grazia Deledda sposa Palmiro e in aprile si trasferiscono a Roma; pur non partecipando assiduamente ad appuntamenti mondani, la vita nella capitale le consente però di incontrare i più significativi interpreti della cultura italiana dell’epoca.
La sua carriera di scrittrice comincia quindi a decollare: nella seconda metà del 1900 pubblica sempre su “Nuova Antologia”, il romanzo “Elias Portolu”. Il 1900 si rivelerà un anno fondamentale per la scrittrice sarda: nei primi giorni di dicembre nasce infatti il suo primogenito.
Nel 1904 viene pubblicato il volume “Cenere”, da cui verrà tratto un film interpretato da Eleonora Duse (1916). Alternando quindi la vita familiare, allietata anche dalla nascita di un secondo figlio maschio, e gli impegni lavorativi, Grazia Deledda entra in un periodo particolarmente proficuo per la sua produzione letteraria: due romanzi del 1910, “Il nostro padrone”, un testo a chiaro sfondo sociale e il secondo, “Sino al confine”, per certi aspetti autobiografico.
Nel 1904 viene pubblicato il volume “Cenere”, da cui verrà tratto un film interpretato da Eleonora Duse (1916). Alternando quindi la vita familiare, allietata anche dalla nascita di un secondo figlio maschio, e gli impegni lavorativi, Grazia Deledda entra in un periodo particolarmente proficuo per la sua produzione letteraria: due romanzi del 1910, “Il nostro padrone”, un testo a chiaro sfondo sociale e il secondo, “Sino al confine”, per certi aspetti autobiografico.
Al ritmo sostenuto di quasi due testi all’anno compaiono i racconti di “Chiaroscuro” (1912), i romanzi “Colombi e sparvieri” (1912), “Canne al vento”(1913) unanimemente riconosciuto come il suo capolavoro, “Le colpe altrui” (1914), “Marianna Sirca” (1915), la raccolta “Il fanciullo nascosto” (1916), “L’incendio nell’uliveto” (1917) e “La madre” (1919).
Nel 1912 esce “Il segreto di un uomo solitario”, vicenda di un eremita che per nascondere il proprio passato sceglie l’isolamento . “Il Dio dei viventi”, del 1922, è la storia di un’eredità da cui traspare una religiosità di carattere immanente.
Il 10 settembre 1926 le viene conferito il Premio Nobel per la Letteratura: è tuttora l’unica donna italiana ad aver ricevuto tale prestigioso riconoscimento.
Negli anni successivi, purtroppo una grave malattia comincia a minarne la salute e anche la sua vena letteraria ne risente: in “Annalena Bilsini” si avverte una certa stanchezza, che colpisce la critica soprattutto a seguito dei recenti riconoscimenti. L’ultimo romanzo “La chiesa della solitudine” è del 1936.
La protagonista è, come l’Autrice, ammalata di tumore e di lì a poco Grazia Deledda si spegnerà, il 15 agosto 1936. Lascia un’opera incompiuta, che verrà pubblicata l’anno successivo a cura di Antonio Baldini con il titolo “Cosima, quasi Grazia”.
Dati sintetici
Scrittrice italiana
DATA DI NASCITA
Mercoledì 27 setembre 1871
LUOGO DI NASCITA
Nuoro, Italia
SEGNO ZODIACALE
Bilancia
DATA DI MORTE
Sabato 15 agosto 1936
LUOGO DI MORTE
Roma, Italia
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